Torna indietro

News

Contratti di lavoro a progetto e certificazione

Con la sentenza n. 70/2011, la Corte d’Appello di Brescia ha individuato le modalità ed i criteri per una corretta interpretazione del contratto di lavoro a progetto in relazione alla sua avvenuta certificazione da parte delle commissioni ad hoc istituite ai sensi dell’art. 75 e ss. del D.Lgs, 276/2003 (nella specie quella istituita presso l’Università di Modena e Reggio Emilia).

In particolare, la Corte d’Appello ha stabilito che: “La natura del rapporto di lavoro è materia indisponibile dalle parti. Pertanto, la qualificazione di un contratto quale contratto a progetto sulla base della volontà espressa dalle parti non ha nessuna rilevanza se non sussistono i presupposti che tale tipologia richiede“.

L’appello veniva proposto da una società già condannata in primo grado dal tribunale di Bergamo che accoglieva la domanda di accertamento della nullità del contratto a progetto stipulato con un lavoratore della durata di circa un anno, con conversione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e condanna della datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive e delle retribuzioni maturate successivamente alla costituzione in mora.

A tal proposito, ricordiamo che l’art. 61, comma 1, del D.Lgs. 276/2003 (definizione di lavoro a progetto”) statuisce che: “ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa.

Ebbene, la summenzionata sentenza in parte ribadisce quanto già statuito precedentemente in materia, e cioè che ai fini della validità della fattispecie contrattuale in oggetto, il progetto deve essere specificatamente individuato o determinato o determinabile nella durata, la prestazione deve essere resa in regime di autonomia ed il corrispettivo commisurato al risultato. Ma soprattutto, la Corte fissa il fondamentale principio secondo cui: “In assenza dei predetti requisiti, il contratto a progetto è nullo, e nessun valore può essere attribuito alla certificazione della corretta qualificazione del contratto, che non è in alcun modo vincolante per il giudice“.

Infine, è interessante sottolineare come nel caso di specie, a fronte del richiamo continuo dell’appellante alla giurisprudenza di legittimità che ribadisce che la volontà negoziale espressa è elemento da cui non si può prescindere per qualificare il rapporto, con la sentenza in esame la Corte d’Appello di Brescia risponda chiarendo che la medesima giurisprudenza di legittimità “ha sempre altresì escluso che possa essere rilevante una volontà diretta alla mera qualificazione del rapporto, a prescindere dal contenuto delle obbligazioni assunte, non essendo la natura del rapporto di lavoro, a cui accedono tutele diverse e norme inderogabili diverse, materia disponibile per le parti“.