Controlli Difensivi e Proporzionalità dell’Indagine
Con sentenza n. 1221 del 23 aprile 2015, il Tribunale di Milano si è pronunciato sul tema dei controlli difensivi condotti sui lavoratori per mezzo di agenzie investigative, ponendo un ulteriore limite al loro impiego.
Come noto, già da tempo la Corte di Cassazione ha ritenuto lecito l’impiego, anche occulto, di agenzie investigative, se diretto ad accertare il compimento di atti illeciti da parte del lavoratore a danno del datore di lavoro, del cui compimento vi sia almeno fondato sospetto, e purché tale mezzo sia assolutamente necessario (Cass Sez. Lav. 3 novembre 2000, n. 14383).
Per giurisprudenza consolidata, inoltre, eventuali prove raccolte in tale sede riguardanti il corretto adempimento del lavoratore agli obblighi derivanti dalla legge e dal contratto sono utilizzabili per dimostrare la sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo di licenziamento in giudizio, pur non essendo possibile disporre indagini allo specifico fine di individuarle, a causa del divieto disposto in tal senso dall’art. 2 dello Statuto dei Lavoratori (ex multis, Cass. Sez. Lav. , 4 marzo 2014, n. 4984).
Con la sentenza in commento il Tribunale di Milano precisa, tuttavia, che il controllo esercitato in tal modo sul lavoratore debba inoltre essere proporzionato allo scopo perseguito, non potendo ritenersi giustificato un controllo completo di tutte le attività giornaliere del lavoratore (nel caso di specie, il lavoratore era sorvegliato dalle 6.00 fino alle 23.00, con registrazione capillare di ogni suo movimento).
Un controllo così invasivo, statuisce altresì il Tribunale, giunge inoltre a porsi in contrasto anche con l’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori, ben potendo accadere che attraverso un’investigazione oltremodo invasiva il datore di lavoro venga a conoscenza di dati personalissimi, che la legge – come evidenzia il divieto di indagini intese a reperirli – ritiene non debbano essere conosciuti dal datore di lavoro.
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