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Estesa anche ai dirigenti la procedura prevista per i licenziamenti collettivi

A seguito della condanna da parte della Corte di Giustizia europea per violazione degli obblighi imposti dalla direttiva 98/59/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, l’Italia ha provveduto a modificare la L. 223/1991, che escludeva i dirigenti dalla proceduradi licenziamento collettivo.

In particolare, l’art. 16 della L. 161/2014 apporta consistenti modifiche alla L. 223/1991.

In primo luogo, stabilisce che i dirigenti debbano essere inclusi sia nel calcolo dei 5 lavoratori da licenziare, sia nel calcolo dei 15 dipendenti di cui all’art. 1, L. 223/1991.

In secondo luogo, viene modificata anche la procedura prevista dall’art. 4: la comunicazione contenente l’indicazione “dei motivi tecnici, organizzati o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione, ed evitare, in tutto in parte il licenziamento collettivo; del numero, della collocazione aziendale dei profili professionali del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del programma di riduzione del personale; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo; del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva” deve essere inviata anche alle organizzazioni sindacali dirigenziali più rappresentative.

Ai dirigenti, dunque, si applicheranno i medesimi criteri di scelta previsti dall’art. 5 (carichi di famiglia, anzianità ed esigenze tecnico-produttive ed organizzative).

Inoltre, per il licenziamento del dirigente intimato in mancanza di forma scritta troveranno applicazione le regole previste per licenziamento orale, mentre per le impugnazioni valgono gli stessi termini di decadenza di 60 + 180 giorni, rispettivamente per l’impugnazione stragiudiziale e il deposito del ricorso innanzi al Tribunale del Lavoro.

Qualora si accerti che il datore di lavoro ha violato la procedura richiesta o ha errato nell’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, la sanzione consisterà in un’indennità compresa tra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Gli estremi dell’indennità potranno essere modificati dalla contrattazione collettiva.

Restano escluse dall’applicazione ai dirigenti le norme riguardanti il contributo di ingresso, l’iscrizione nelle liste di mobilità e il godimento dei relativi trattamenti.