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Il giustificato motivo oggettivo è lecito se aumenta l'efficienza aziendale

Il Datore di lavoro può licenziare un dipendente per giustificato motivo oggettivo, anche in assenza di situazioni contingenti sfavorevoli dell'impresa.

Questo il principio contenuto in una recentissima sentenza della Cassazione (13015/2017).

Il giustificato motivo oggettivo, spiega la Suprema Corte, è ravvisabile anche nella decisione del datore di lavoro di procedere al riassetto della sua impresa al fine di aumentarne il profitto, mediante la riduzione dei costi della forza lavoro.

Non rileva la situazione di dissesto o di difficoltà finanziaria dell'azienda, tra l'altro non richiesta dall'articolo 3 della legge n. 604 del 1966, con la conseguenza che il datore di lavoro potrebbe procedere al licenziamento anche qualora l'impresa sia in bonis, al solo fine di attuare una più efficiente e produttiva gestione aziendale.

La Cassazione sottolinea, peraltro, come tale finalità non possa essere perseguita unicamente mediante la riduzione della forza lavoro, che costituirebbe un tassello nell'ambito di un più ampio progetto di rinnovamento degli assetti tecnico-produttivi.

Inoltre la riorganizzazione, pur non sindacabile nel merito, oltre a essere effettiva e quindi non pretestuosa deve precedere logicamente e cronologicamente il licenziamento e dipendere da cause non certamente risolvibili nel breve periodo.