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Lo scarso rendimento come motivo legittimo di licenziamento

In numerose occasioni la Suprema Corte ha espresso la propria opinione rispetto alla liceità dell’utilizzo del parametro di scarso rendimento come motivo posto alla base del licenziamento, delineando così i confini del così detto “licenziamento per scarso rendimento”.

Ai fini della legittimità, dicono sempre gli Ermellini, devono essere valutati alcuni parametri.

In primo luogo, il risultato atteso deve scostarsi notevolmente rispetto alle prestazioni degli altri lavoratori con la stessa qualifica e con le stesse mansioni.
Tale minor rendimento deve essere inequivocabilmente imputabile al prestatore di lavoro, e non anche a fattori organizzativi o socio-ambientali dell’impresa stessa.
La condotta in esame dovrà, tra l’altro, essere valutata in un apprezzabile arco temporale e non riferibile ad un singolo o sporadico episodio.
Rileveranno dunque anche la frequenza e la ricorrenza del comportamento del dipendente, circostanze sintomatiche di una progressiva disaffezione al lavoro.

La questione ha trovato applicazione anche nel caso di assenze reiterate, nonché in tutti i casi in cui siano contestate al lavoratore lievi ma specifiche mancanze riferibili allo svolgimento della propria attività ma oggetto di una condotta continua e recidiva, e già oggetto di contestazioni e pregressi provvedimenti disciplinari.

L’onere di provare quanto sopra incomberà, in linea con la disciplina generale dei licenziamenti disciplinari, sul datore di lavoro.


Secondo le più recenti sentenze della Suprema Corte (a titolo esemplificativo 23735/2016), lo scarso rendimento deve essere annoverato tra i recessi per GMS, in quanto costituirebbe un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali.
In quanto tale, il recesso dovrà essere preceduto dal rispetto delle garanzie di cui all’articolo 7 della legge 300/1970, ovvero dalla contestazione, termine a difesa e successiva sanzione.

Tale orientamento maggioritario è più volte stato messo in discussione da altra giurisprudenza di legittimità quanto di merito, seppur nettamente minoritaria: secondo tali decisioni, lo scarso rendimento sarebbe giustificato motivo oggettivo ogni qual volta il dipendente, anche senza sua colpa, dimostri la propria incapacità di svolgere proficuamente la prestazione lavorativa, con conseguente perdita di interesse del da parte del datore di lavoro, alla prosecuzione del rapporto.