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Ripetute assenze per malattia e licenziamento per scarso rendimento: qual è il margine di manovra del datore di lavoro?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16472 del 5 agosto 2015, è tornata a pronunciarsi sul tema del licenziamento per malattia del lavoratore, prima del superamento del periodo di comporto.

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 18678 del 4 settembre 2014 aveva ritenuto giustificato il licenziamento intimato per scarso rendimento al lavoratore che, pur non avendo superato il periodo di comporto, seguitasse a effettuare numerose assenze, pur giustificate, con modalità tali da risultare addirittura dannose per l’organizzazione del datore di lavoro (nella specie, il lavoratore spesso si assentava in concomitanza con il fine settimana o con i turni di notte, avvertendo all’ultimo minuto e creando difficoltà nel reperimento di un sostituto oltreché malumori dei colleghi).

La sentenza in commento sembra in contrasto con questo orientamento, ritenendo che la previsione dello scarso rendimento come ipotesi diversa e separata da quella concernente la malattia renda impossibile considerare le assenze per infermità al fine di valutare la prestazione del lavoratore, dovendosi applicare invece la disciplina specifica sul periodo di comporto.

Va dato atto, tuttavia, come del resto fa la sentenza in commento stessa, che le fattispecie considerate non sono perfettamente sovrapponibili, nel primo caso trattandosi di un dipendente pubblico e nel secondo di un dipendente privato, soggetti a disciplina in parte differente, perlomeno nella formulazione. Di conseguenza, le argomentazioni interpretative proposte dalla sentenza in commento non sono integralmente applicabili a fattispecie similari a quella esaminata dalla sentenza n. 18678.

Inoltre, se nella sentenza n. 18678 lo scarso rendimento viene considerato da un punto di vista meramente oggettivo, sotto il profilo dell’interesse del datore di lavoro a ricevere la prestazione, nella sentenza in commento sembra invece rilevare in quanto imputabile al lavoratore. Ne deriva che l’orientamento di cui alla sentenza più risalente non può considerarsi superato, in quanto riferibile a fattispecie affatto diversa.