Nuove indicazioni del Garante Privacy in merito alla gestione della pandemia sui luoghi di lavoro: vaccinazioni e ruolo del medico competente.
Questa settimana, il Garante per la Protezione dei Dati personali ha approvato due importanti documenti attinenti alla gestione dell’emergenza sanitaria in azienda.
Il primo, con specifico riferimento alla vaccinazione nei luoghi di lavoro, fornisce indicazioni generali per il trattamento dei dati personali dei dipendenti che aderiscano alla campagna vaccinale (https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Do... ).
Il Garante precisa che la vaccinazione nei luoghi di lavoro rappresenta “un’opportunità aggiuntiva rispetto alle modalità ordinarie dell’offerta vaccinale” che sono e saranno sempre garantite, nel rispetto delle tempistiche dettate dal piano nazionale di vaccinazione, qualora il lavoratore non intenda aderire a tale modalità di vaccinazione presso i luoghi di lavoro. In questo senso, viene sottolineata la natura volontaria dell’adesione all’iniziativa, prevedendo quali presupposti imprescindibili la disponibilità dei vaccini, la presenza e la disponibilità del medico competente o di altro personale sanitario (anche privato e, in alcuni casi, il possibile ricorso ai medici territoriali Inail), l’adesione consapevole e informata da parte dei lavoratori, la tutela della privacy, e la prevenzione di ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori.
In punto di tutela della privacy, si segnalano all’attenzione delle aziende alcune indicazioni:
- Gli ambienti selezionati per la somministrazione del vaccino dovranno avere caratteristiche tali da evitare per quanto possibile di conoscere, da parte di colleghi o di terzi, l’identità dei dipendenti che hanno scelto di aderire alla campagna vaccinale. Ciò prevenendo “l’ingiustificata circolazione di informazioni nel contesto lavorativo o comportamenti ispirati a mera curiosità”;
- quando la vaccinazione viene eseguita durante il servizio, il tempo necessario alla medesima è equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro;
- ove dall’attestazione prodotta dal dipendente sia possibile risalire al tipo di prestazione sanitaria da questo ricevuta, il datore di lavoro, salva la conservazione del documento in base agli obblighi di legge, dovrà astenersi dall’utilizzare tali informazioni per altre finalità nel rispetto dei principi di protezione dei dati e non potrà chiedere al dipendente conferma dell’avvenuta vaccinazione o chiedere l’esibizione del certificato vaccinale.
Il secondo provvedimento, correlato in modo importante al primo, è quello sul “Ruolo del “medico competente” in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale” (https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Pr... ).
Fin dall’inizio della pandemia, il medico competente ha svolto un ruolo cruciale nelle aziende, in particolare nell’individuazione dei cd lavoratori fragili, e nella predisposizione di adeguati protocolli Covid. In questo senso, il Garante ribadisce che nell’ambito della valutazione dei rischi e della sorveglia sanitaria (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008), il medico competente potrà suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici se ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori, ponderando la necessità, “in funzione della valutazione del rischio e delle condizioni di salute dei lavoratori”, di sottoporre i lavoratori a ulteriori indagini diagnostiche, che possono consistere anche in “esami clinici e biologici” o test sierologici, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di trattare informazioni relative alla diagnosi del lavoratore o di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti.
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