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I termini del preavviso: la libera determinazione delle parti.

Con la sentenza 4991 del 2015 la Corte di Cassazione ha riconosciuto la possibilità per le parti di regolare liberamente il termine del preavviso, anche a prescindere dalle previsioni del contratto collettivo, senza che ne nasca una violazione della norma inderogabile posta dall’articolo 2118 del codice civile.
In realtà già da tempo la Suprema Corte aveva affermato (Sez. L, n.3741/1981) che, nel rapporto di lavoro dipendente, il preavviso si pone come condizione di liceità del recesso, la cui inosservanza è sanzionata dall’obbligo di corrispondere da parte del recedente un’indennità sostitutiva.
Sempre la Corte di Cassazione in diverse sentenze (Sez.L, n.18547/2009; Sez. L, n.17817/2005) aveva statuito che il lavoratore subordinato può liberamente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell’ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso. Principio ribadito anche nella sentenza n.17010/2014 dove è stata ammessa la validità dei patti che prevedono una durata minima del rapporto (patti di stabilità), che comporti, fuori dell’ipotesi di giusta causa di recesso di cui all’art. 2119 cod. civ., il risarcimento del danno a favore della parte non recedente, conseguente al mancato rispetto del periodo minimo di durata del rapporto.

Al di fuori delle pronunce della Cassazione, poiché la contrattazione collettiva è fonte sovraordinata al contratto individuale, un accordo in piena autonomia tra le parti avrebbe potuto trovare spazio solo laddove tale facoltà fosse stata riconosciuta dallo stesso contratto collettivo: “in materia di recesso dal rapporto di lavoro, è valida la clausola del contratto individuale che preveda un termine di preavviso per le dimissioni più lungo rispetto a quello stabilito per il licenziamento, ove tale facoltà di deroga sia prevista dal contratto collettivo ed il lavoratore riceva, quale corrispettivo per il maggior termine, un compenso in denaro (Cassazione Sez.L, n.23235/2009).” Ma la novità maggiore apportata dalla sentenza n.4991/2015 è proprio la supremazia dell’accordo individuale stabilendo che “la durata legale o contrattuale del preavviso è dunque derogabile dall’autonomia individuale in relazione a finalità meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, quale quella per il datore di garantirsi nel tempo la collaborazione di un lavoratore particolarmente qualificato, sottraendolo alle lusinghe della concorrenza, mediante l’attribuzione al dipendente di ulteriori benefici economici e di carriera in funzione corrispettiva del vincolo assunto dal dipendente circa la limitazione della facoltà di recesso ancorandone l’esercizio ad un più lungo periodo di preavviso”.