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Il diritto allo smart working sulla base di una valutazione astratta di compatibilità delle mansioni

Il Tribunale di Roma, con ordinanza n. 5961/2021, ha riconosciuto “il diritto della lavoratrice a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità "agile" ai sensi dell'art. 39 comma 1 del D.L.18/2020 sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, attualmente previsto sino al 30.4.2021.”

La lavoratrice era stata inizialmente assunta come Addetta alle relazioni esterne; dopo un lungo periodo di assenze per assistere un familiare disabile, la sua qualifica era diventata “addetta alla compliance aziendale” (mansioni non ancora esercitate a causa delle assenze). Alla luce della situazione emergenziale, del fatto che la gran parte dei colleghi del settore "Compliance" già fruiva del lavoro agile, e considerata l’impossibilità della dipendente di servirsi di mezzi di trasporto pubblici o privati a causa di un’accentuata e certificata claustro-agora fobia (si spostava dunque solo a piedi), la stessa chiedeva al giudice il collocamento in "lavoro agile" ex art. 39, D.L. n. 18/2020 (diritto per chi assiste un familiare disabile).

Il Tribunale ha accolto il ricorso della lavoratrice, evidenziando che la norma richiede solo che il lavoro agile sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Pertanto:

  • la qualifica di impiegato e l'inquadramento della dipendente (CCNL metalmeccanico) comportano lo svolgimento di mansioni di natura intellettuale che ben si prestano ad essere svolte in modalità agile e non richiedono la necessaria presenza fisica in azienda;
  • il mancato accoglimento dell'istanza cautelare della dipendente comporterebbe un pericolo concreto di danno grave ed irreparabile con riferimento alla salute ed all'integrità fisica della stessa e della madre disabile con lei convivente;
  • il collocamento in lavoro agile permetterebbe alla dipendente di rendere la prestazione lavorativa da casa evitando qualsiasi rischio di contagio da Covid-19 collegato sia allo spostamento con mezzi pubblici, che peraltro non potrebbe prendere per le documentate patologie dalle quali è affetta, sia alla fruizione di spazi comuni sul luogo di lavoro, riducendo altresì il rischio di contagio ai danni della madre, ultraottantenne disabile ex art. 3 comma 3 L. 104/92,
  • ciò eviterebbe anche ricadute negative sullo stato di salute della dipendente che comporterebbero un concreto rischio di superare il periodo di comporto.

Il Tribunale ha, quindi, ordinato alla società datrice di lavoro di accogliere la richiesta della lavoratrice rispetto all’accesso alla modalità di lavoro agile.

La decisione segue le orme di quanto già similmente deciso con Ordinanza dello scorso 20 giugno 2020 con cui il Tribunale di Roma, (in un procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.), affermava che per stabilire la compatibilità del lavoro agile con lo svolgimento della prestazione lavorativa, la valutazione debba essere fatta in concreto avendo riguardo alla specifica attività svolta e che incombe sul datore di lavoro l’onere di provare detta incompatibilità.

Nel caso di specie la lavoratrice, dipendente di un’azienda sanitaria pubblica, faceva parte delle task force organizzate per la gestione dell’emergenza Covid, ma le mansioni attribuitele di rapporto con l’utenza potevano essere svolte da remoto e non erano dunque incompatibili con il lavoro a distanza.

Avv. Barbara Bottalico

Trib Roma Ord 21 01 2021 Lavoro Agile