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La Cassazione conferma: meno vincoli al licenziamento se l’inadempimento è grave

Con sentenza n. 1403 del 31 gennaio 2012 la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha confermato il seguente principio: il dirigente (ma anche il dipendente non dirigente) autore di infrazioni disciplinari di gravità tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’azienda può essere legittimamente licenziato senza che a tal fine sia necessario l’integrale rispetto delle garanzie e dei vincoli imposti dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300/70).

In particolare, la recente sentenza della Suprema Corte chiarisce che l’inadempimento del dipendente, quando sia di importanza tale ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario sussistente con il datore di lavoro, possa condurre ad un valido licenziamento disciplinare anche in mancanza di tipizzazione della condotta sanzionata nel codice disciplinare aziendale e di affissione dello stesso nei locali dell’azienda. Ciò è tanto più vero nel caso del dirigente, il cui vincolo fiduciario con il datore di lavoro è ancora più intenso.

La Cassazione ha così ribadito il principio già cristallizzato, da ultimo, con sentenza n. 27104 del 19 dicembre 2006, la quale aveva ribaltato un precedente orientamento giurisprudenziale che riteneva invece sempre necessario il puntuale rispetto dell’art. 7 S.L. in ogni sua parte. La questione della adeguata conoscibilità della norma infranta si pone, spiegano i giudici, solo “per specifiche ipotesi di giusta causa o giustificato motivo previste dalla normativa collettiva e validamente poste dal datore di lavoro”, ma non invece “quando faccia riferimento a situazioni giustificative del recesso previste direttamente dalla legge o manifestamente contrarie all’etica comune o concretanti violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro”.

La sentenza in esame riguarda il caso del licenziamento disciplinare comminato alla responsabile di una filiale di banca per gravi irregolarità amministrative: nella specie la dirigente aveva compiuto operazioni sul mercato finanziario senza copertura, utilizzato irregolarmente il conto di alcuni clienti al fine di favorirli, aumentato i fidi in assenza di adeguate garanzie e, più in generale, violato il regolamento della Consob. La lavoratrice aveva successivamente impugnato il licenziamento disciplinare. In particolare, secondo la difesa della dirigente – già disattesa peraltro nei due gradi di merito dai giudici dell’Aquila – il regolamento interno avrebbe dovuto prevedere, tipizzandole, tutte le condotte legittimanti la risoluzione del rapporto di lavoro ed avrebbe dovuto, soprattutto, essere portato a conoscenza dei dipendenti mediante pubblica affissione a cura del datore di lavoro.

Investita della questione di legittimità, la Sezione Lavoro della Cassazione ha rigettato il ricorso della dirigente e confermato la regolarità del licenziamento disciplinare. La Corte non ha ritenuto possibile opporre la mancata affissione del codice disciplinare poiché la violazione posta in essere dalla dirigente, concernente non solo il regolamento della Consob, ma anche l’etica comune, aveva irrimediabilmente compromesso il rapporto fiduciario sussistente tra le parti. La gravità in sé dell’infrazione disciplinare, quindi, non esige una tipizzazione “codificata” e neppure il rispetto integrale dell’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori nella parte in cui prevede l’obbligo di affissione, in luogo accessibile a tutti, delle disposizioni in materia disciplinare.

In definitiva, con tale pronuncia la Cassazione ha confermato una maggiore flessibilità e, conseguentemente, una minore tutela, nel licenziamento disciplinare del dirigente, i cui inadempimenti debbono essere normalmente connotati di maggiore gravità proprio in virtù dell’intenso vincolo fiduciario di cui si è detto. Resta fermo, invece, l’obbligo di preventiva contestazione degli addebiti al dirigente, anche qualora questi rivesta una posizione apicale (cfr. in tal senso Cass. Sez. Lav., 27 dicembre 2011, n. 28967).