Torna indietro

News

Molestie sessuali sul lavoro: danno biologico e danno non patrimoniale da discriminazione

Il Tribunale di Firenze il 20 aprile 2016 si è pronunciato in materia di molestie sessuali sul lavoro, riconoscendo alla lavoratrice vittima degli abusi il risarcimento sia per il danno biologico patito sia per il danno non patrimoniale da discriminazione.

La sentenza in oggetto trae origine dalla vicenda di una lavoratrice, la quale aveva rassegnato le proprie dimissioni a seguito di ripetute molestie sessuali subite, sul luogo di lavoro, ad opera del padre della legale rappresentante della società, che operava di fatto quale titolare dell’azienda.

Nel corso della causa civile dinanzi al giudice del lavoro di Firenze, dott.ssa Maria Lorena Papait, è stata depositata la sentenza (passata in giudicato) di condanna, che ha riconosciuto il padre della legale rappresentante della società responsabile del reato previsto dall’art. 609 bis c.p. per i fatti denunciati dalla dipendente “perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante abuso di autorità derivante dalla posizione di padre della titolare della ditta, all’interno della stessa, costringeva la ricorrente a subire atti sessuali mediante violenza”.

Il giudice, dopo aver accertato i fatti, ha riconosciuto la responsabilità della società per violazione da parte del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., sia del divieto di porre in essere direttamente qualsiasi comportamento lesivo dell’integrità fisica e della personalità morale del dipendente, sia dell’obbligo di prevenire e reprimere condotte dannose nell’ambito dell’ambiente lavorativo, anche se commesse da altri dipendenti o comunque da soggetti che gravitano a vario titolo nell’azienda.

Il giudice ha riconosciuto altresì, in ragione del sesso della ricorrente, la responsabilità della società per la natura discriminatoria della condotta tenuta dal padre della rappresentante legale della ditta, di cui all’art. 25 del “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” (D.Lgs. n. 198/2006) e ha condannato la stessa al risarcimento alla dipendente vittima delle molestie del danno biologico e del danno non patrimoniale da discriminazione (ex art. 38 D.Lgs. 198/2006), attesa la natura della lesione a beni primari costituzionalmente garantiti, quali la salute, l’eguaglianza e la dignità.

La quantificazione del risarcimento del danno non patrimoniale da discriminazione è stato calcolato dal Giudice in misura idonea a soddisfare una funzione non solo ripristinatoria, ma anche dissuasiva.