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Somministrazione a termine e lavoro a tempo determinato, le differenze secondo la giurisprudenza di merito più recente

La recente Sentenza del Tribunale di Roma dell’11 novembre 2013 n. 12467/2013, pubblicata il successivo 9 gennaio 2014, ha affermato la piena legittimità del contratto di somministrazione a tempo determinato “a fronte di qualsiasi motivazione, anche di natura non temporanea, riferita all’attività produttiva”. La pronuncia ha inoltre precisato come, ai sensi dell’art. 20, comma 4 del D.Lgs. 276/2003, le esigenze datoriali non possano essere sindacate nel merito, essendo il sindacato del giudice limitato alla mera esistenza delle stesse.

Detto principio si pone in controtendenza rispetto allo stato dell’arte della giurisprudenza, che, nel parificare il contratto a termine con quello di somministrazione, evidenziava come caratteristica imprescindibile di quest’ultimo la temporaneità dell’esigenza aziendale.

Le ragioni di tale decisione muovono essenzialmente da un dato letterale. Il Tribunale ha infatti osservato come il D.Lgs. n. 276/2003 si limiti a prevedere che (i) il contratto de quo debba essere stipulato per iscritto e (ii) debbano effettivamente sussistere le ragioni di carattere oggettivo che abbiano indotto l’utilizzatore ad avvalersi di tale tipologia contrattuale. Ed ancora, il Tribunale ha rilevato che ai fini della legittimità del contratto di fornitura la legge non prevede la sussistenza della temporaneità delle esigenze tecnico/produttive o organizzative e non è invocabile, sotto tale profilo, l’applicazione analogica delle norme di cui al D.Lgs. 368/2001 in materia di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.

Tale innovativa lettura si pone nel solco tracciato dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria. Invero, la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea del 11 aprile 2013 ha affermato come la fattispecie della somministrazione a termine sia fuori dal campo di applicazione sia della Direttiva 1999/70/CE (Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato), che della normativa italiana che vi ha dato attuazione (D.Lgs. 368/2001). Come ricorda la Corte di Giustizia, infatti, è la stessa Direttiva sul contratto a termine ad escludere dal proprio ambito di applicazione i lavoratori a tempo determinato messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di somministrazione.

La ratio della pronuncia in commento, peraltro non isolata (Cass. Lav., 15 luglio 2011, n. 15610), risulta molto importante anche alla luce del contesto socio-economico nel quale si incardina, rispondendo alle esigenze di flessibilità delle imprese con l’obiettivo, ci si auspica, di contribuire alla creazione di posti di lavoro.

Se tale orientamento si consoliderà, ne risulterà confermata la maggiore flessibilità di utilizzo della somministrazione a tempo determinato rispetto al contratto a termine, in attesa di conoscere gli imminenti sviluppi normativi.